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Se tradizionalmente la corporate philanthropy consisteva tipicamente in erogazioni liberali dell’impresa verso i territori locali con un’inclinazione a sostenere organizzazioni non profit operanti, ad esempio, in servizi assistenziali o a sostegno delle arti, sempre di più sta emergendo una forma di filantropia proattiva in cui l’intervento nella comunità si allinea strategicamente alla mission, agli asset e agli obiettivi dell’impresa.

Ci soffermiamo in particolare su 3 driver, emersi dal corso executive “Effective Philanthropy”, che danno indicazioni sulle modalità e le motivazioni per cui, a livello internazionale, le esperienze di corporate philanthropy stiano convergendo verso modelli di co-creazione di valore sociale ed economico.

1. L’aumento del giving alla comunità è associato a migliori performance del business. Come emerge dall’annuale Giving in Numbers prodotto dal Committee Encouraging Corporate Philanthropy (CECP) che riunisce le più grandi imprese mondiali per fatturato, tra il 2013 e il 2015 il giving della maggior parte delle aziende (47%) è aumentato a livello aggregato. Tra le ragioni si annoverano:

  • la crescita di pratiche di non-cash giving e coinvolgimento dei dipendenti, prezioso per le imprese in termini di sviluppo interno del talento. Il 54% delle imprese ha offerto servizi pro-bono nel 2015 (40% nel 2012) e avviato iniziative retribuite di volontariato manuale e/o di competenze (59% vs 54% nel 2012);
  • l’aumentata capacità delle imprese di valorizzare le iniziative intraprese, con l’87% del campione che misura l’impatto sociale di almeno un progetto sostenuto per: selezionare strategicamente le organizzazioni da supportare (87%); dimostrare il valore delle erogazioni a livello interno (86%); comunicare esternamente l’impatto generato (70%);
  • la crescita di focalizzazione, per cui la maggior parte delle imprese ha scelto di donare di più a meno soggetti, optando per partnership di lungo periodo e preferendo aree sociali più strategiche per il proprio business (si veda, ad esempio, l’incremento del supporto allo sviluppo di competenze S.T.E.M., fondamentali per numerose tipologie di business – settore tech, automobilistico, energetico per citarne solo alcuni – e spesso giudicate carenti nella forza lavoro giovanile).

Il dato significativo è che tale aumento si associa a migliori performance di business, con un miglioramento dei ricavi (+8,3%) delle imprese che hanno ampliato il giving in proporzione maggiore: anche se non s’intende suggerire una correlazione causale tra questi fattori, diversi studi sottolineano come la performance economica a lungo termine sia positivamente influenzata dall’attenzione dell’impresa verso la comunità e i propri stakeholder (si vedano a tale proposito le analisi The Sustainability Imperative di Nielsen e le ricerche di The Reputation Institute).

2. Cresce il numero delle fondazioni d’impresa che operano in allineamento strategico con il business della casa madre. A livello globale assistiamo a una forte crescita nel numero delle fondazioni corporate: il 76% delle imprese si è dotato di una fondazione, con picchi nel settore della salute (84%) e finanziario (81%). È opportuno sottolineare il peso di queste entità che rappresentano come volume di erogazioni il 33% del giving totale e si fanno carico del 54% delle iniziative di matched giving.

Coerentemente con quanto visto a livello globale, il 76% delle fondazioni corporate europee è orientato a lavorare su un’area di intervento focalizzata e a valutare l’impatto dei propri programmi. Inoltre, il 73% dei rispondenti sostiene che la propria fondazione corporate lavora con un focus tendenzialmente allineato al core business della casa madre (Corporate Citizenship, 2016). Questo trend è confermato dal numero crescente di fondazioni d’impresa a livello europeo, per diverse motivazioni:

  • opportunità di operare in allineamento con le priorità dell’impresa e di implementare progetti particolarmente strategici e time-consuming;
  • facilitazione nella creazione di partnership con organizzazioni del settore sociale;
  • posizionamento esterno chiaro su una particolare tematica;
  • impegno continuativo a favore della comunità.

3. Le imprese intravvedono un potenziale di business nell’adozione del framework dei Sustainable Development Goals (SDGs). A settembre 2015 le Nazioni Unite hanno lanciato gli SDGs per sostituire i precedenti Millennium Development Goals. Mentre il modello degli Obiettivi del Millennio è stato poco seguito dalle imprese – probabilmente percepito distante e più ad appannaggio del settore sociale – gli SDGs hanno visto, già nella frase di creazione, il coinvolgimento del settore corporate che ora sempre più ne sta utilizzando Obiettivi e Target come parametro di riferimento per le proprie iniziative per la comunità – per rendere più efficaci le modalità di comunicazione esterna dei traguardi raggiunti e semplificare la condivisione degli obiettivi con i partner non profit. Ma anche in chiave strategica, alla luce di opportunità di business: una recente ricerca di CSR Europe (2017) evidenzia come:

  • il 79% delle imprese ritenga importante utilizzare gli SDGs come parte della propria strategia di CSR;
  • il 46% sostenga il ruolo degli SDGs come driver di collaborazione multistakeholder. A questo proposito è particolarmente interessante rilevare con chi le imprese ritengono di dover lavorare: al primo posto figurano le partnership con cosiddetti Business Peers, con il 63% dei rispondenti che reputa necessario cooperare con altre imprese;
  • il 52% ritiene che ci sia un’opportunità economica nel perseguimento degli SDGs in termini di: potenziamento del brand; sviluppo di nuovi modelli di business; aumento dell’efficienza interna e riduzione dei costi; rafforzamento del bacino di talento a cui attingere. A titolo di esempio, CSR Europe stima un mercato da 37 miliardi di euro dallo sviluppo di Massive Open Online Courses (MOOC) per contribuire all’Obiettivo 4 “Quality Education”; un potenziale di 12.000 miliardi di euro dall’accresciuto potere di acquisto da parte delle donne da qui al 2020 (Obiettivo 5 “Gender Equality”); e risparmi pari a 385 miliardi di euro dalla riduzione delle emissioni di CO2 in base all’obiettivo 7 “Affordable and Clean Energy”.

Conclusioni

Il rapido excursus di trend e dati illustrati restituiscono un’indicazione di come e perché le imprese stiano progressivamente spostando le proprie modalità di intervento nella comunità verso modelli più strategici in cui la creazione di valore sociale ed economico convivono e i confini tradizionalmente rigidi tra “filantropia” e “business” perdono progressivamente significato.

Questo non comporta necessariamente una valutazione di merito a scapito di approcci più tradizionali che vedono l’attività di giving delle imprese come una semplice “restituzione” al territorio; ma è evidente come si stiano affermando nuovi approcci che superano il trade-off tra business e sociale, e in cui la scelta di agire in modo responsabile per le imprese è sempre più frutto di un percorso razionale di allineamento tra azioni di mercato e strategie filantropiche (Philanthropy Insights, 2013).

Se prendiamo in considerazione una famosa citazione di Melinda Gates (“Helping people doesn’t have to be an unsound financial strategy”), possiamo renderci conto di un’implicazione importante di queste nuove modalità di intervento: nel momento in cui le iniziative di corporate philanthropy non rispondono più a un puro “obbligo morale” né dipendono dalla disposizione d’animo illuminata di un patron filantropo ma bensì rientrano in una visione strategica che è propria del DNA aziendale, la propensione alla generazione di impatto sociale diventa parte integrante del modo di fare business dell’impresa.

In sintesi, la graduale trasformazione della corporate philanthropy in una pratica interna “assimilabile alla Ricerca & Sviluppo” – per usare la felice formula coniata da Doug Conant – può trasformare l’attività di giving in una strategia di crescita con benefici win-win per l’impresa e per il territorio – prescindendo da attitudini personali e da cicli economici più o meno positivi e muovendo invece verso un impegno continuativo e di lungo termine a favore della comunità.

Questo articolo è stato pubblicato all’interno del sito di Fondazione Lang