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L’avevamo sostenuto più volte: le imprese e le cooperative sociali sono interlocutori naturali nel "discorso" sul welfare aziendale. Non solo perché le realtà del Terzo Settore esprimono una cultura e una dotazione di capitale umano che le rende “naturalmente” capaci di interpretare i bisogni e di fornire operativamente le risposte più adatte, ma anche perché la capillarità della loro presenza e la complessiva offerta di servizio che esprimono ne qualificano ab origine il ruolo come potenziali provider di servizi dedicati (anche) al welfare in azienda.

Sinora avevamo assistito ad iniziative isolate, avviate qua e là sul territorio, da alcune cooperative sociali o da qualche consorzio locale che avevano intuito le possibili sinergie attivabili occupandosi anche del fabbisogno di welfare che le popolazioni aziendali esprimono.

Ora, invece, la “discesa in campo” di un colosso come CGM (Gruppo Cooperativo Gino Mattarelli) apre uno scenario di ben più ampia portata perché le capacità in gioco sono senz’altro rilevanti. In particolare, per sfruttarle appieno le potenzialità dell’iniziativa, il Gruppo CGM ha avviato due azioni imprescindibili: una robusta formazione professionale (per colmare il gap delle competenze in relazione alle specificità del welfare aziendale e del suo “discorso”, in primis quello necessario per approcciare le imprese profit e i loro manager) e una solida partnership tecnologica con un provider attento agli aspetti sociali per poter disporre di una piattaforma di gestione dei piani di welfare aziendale la cui “filosofia” non sia distante dall’approccio complessivo che CGM intende dare alla sua azione.


Primo: formarsi

Quanto alla formazione, si è appena concluso un primo "Corso nazionale per Welfare Manager" che ha istruito venti professionisti delle cooperative e dei consorzi della rete CGM che sono ora pronti ad intercettare la domanda di welfare aziendale che, sui territori, è espressa dalle aziende locali.

Per CGM si tratta di una vera e propria sfida: quella di non limitarsi all’offerta dei servizi, ma anche di attivarsi per diventare espressione di professionalità specialistiche del welfare aziendale, capaci di interloquire con il management delle imprese, colmando una distanza non solo “semantica”, ma anche “politica” che sinora aveva sempre tenuto un po’ a distanza il “sociale” dalla “business community” delle imprese.

Tutto ciò potrà essere realizzato portando in dote la professionalità che contraddistingue i servizi che il Terzo Settore (e quindi anche CGM) è capace di offrire, associata ad un’attenzione speciale alla persona e alla famiglia che, almeno nelle intenzioni dei protagonisti, dovrebbe poter fare la differenza rispetto a soluzioni più commerciali e standardizzate delle quali il mercato dei servizi di supporto al welfare aziendale è ormai molto spesso espressione.


Secondo: allearsi

Quanto alla partnership, per vincere la sua sfida CGM ha scelto un alleato tecnologico: Jointly. Il provider milanese, con la sua rete di progettazione e condivisione di servizi di welfare aziendale, porterà in dote, come tratto distintivo della complessiva proposta di CGM, la qualità dei singoli partner di servizio selezionati attraverso stringenti criteri di accreditamento che puntano sulla competenza, l’esperienza e la solidità economica.

Questa partnership potrà accelerare il processo di cambiamento della stessa logica sottesa alla complessiva offerta dei servizi offerti da CGM e potrà valorizzarne la qualità. Inoltre, sfruttando il know-how maturato in oltre trent’anni di attività, CGM potrà aiutare le aziende nella costruzione di piani di welfare aziendale realmente su misura, grazie alla capacità, naturale per gli operatori del Terzo Settore, di “leggere” in profondità i bisogni e di fornire risposte ad essi coerenti.

I commenti

“Il mondo del lavoro oggi è in continua evoluzione e così lo sono le figure professionali”, esordisce Stefano Granata, Presidente di CGM. “Con le innovazioni in atto nell’impresa sociale di oggi e con i cambiamenti che stiamo vivendo, siamo alla ricerca di nuove competenze con cui affrontare le nuove sfide e lavorare in nuovi settori. La figura del welfare manager è oggi strategica per offrire dei servizi di qualità direttamente alle imprese e allontanarsi dalle logiche del mercato pubblico che ci hanno contraddistinto fino ad oggi.”

Per affrontare questo cambiamento il percorso formativo è durato quattro mesi: “Un bellissimo viaggio e un percorso umano, prima ancora che professionale, che credo abbia lasciato una grande eredità a tutti noi che abbiamo avuto il privilegio di farne parte. Sicuramente è stato un banco di prova importante per tutti, docenti e partecipanti. Ci siamo misurati su un terreno completamente nuovo, di confronto tra culture, provenienze geografiche, professionali e umane molto diverse”, così Francesca Rizzi, CEO di Jointly.

Il senso (inteso come significato e come direzione della complessiva iniziativa di CGM) ci sembra ben riassunto dalle parole di Raffaella Ruocco – welfare manager di “Mestieri Campania”, società di cui fanno parte i consorzi partenopei Proodos e Core e La Rada di Salerno: “Il welfare aziendale è per noi una nuova attività d’impresa”, afferma, e “stiamo cambiando il nostro modo di lavorare per dare una risposta più adeguata ai bisogni dei territori. Ci siamo messi in rete con altri soggetti per ampliare la gamma di servizi offerti. Anche il nostro interlocutore sta cambiando: non lavoriamo più, infatti, solo con la pubblica amministrazione ma con le imprese profit sul territorio avendo a che fare con soggetti per noi nuovi come il responsabile HR. Questo cambiamento è molto stimolante a livello professionale in quanto cambiano i modi e i tempi di lavoro. Con il welfare aziendale cambierà il nostro modo di vederci e di comunicarci come impresa; ci farà leggere come ‘impresa sociale’, ovvero come un soggetto che dà risposte sociali ai bisogni delle comunità.”

In queste parole ci sembra possa essere rintracciato il reale portato strategico dell’ingresso del Terzo Settore (e quindi anche di CGM) nel mercato dei servizi di supporto al welfare aziendale. Mentre, più in generale, questo “debutto” ci dice che le dinamiche di rete, ancora una volta, sembrano essere quelle maggiormente capaci di generare innovazione nell’ampio scenario del welfare, tornando all’iniziativa di CGM non passeremo per visionari sostenendo che l’apporto di una realtà come questa potrà favorire, insieme ad altre linee di azione che pur restano necessarie, la produzione di un effetto strutturale dal quale il welfare aziendale non potrà che trarre benefiche conseguenze: quello riassumibile nel suo passaggio dal ruolo di policy (solo) integrativa del welfare pubblico a quello di policy decisamente integrata con quest’ultimo.

La differenza è evidente, come altrettanto evidente è il fatto che solo questo cambio di prospettiva potrà dare reale forza e contenuti sempre più meritori al welfare aziendale. Perché ciò possa accadere, una presenza attiva e strutturata del Terzo Settore, come operatore protagonista anche del welfare in azienda, è ovviamente necessaria.