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“Attori e territori del welfare. Innovazioni nel welfare aziendale e nelle politiche di contrasto all’impoverimento”, pubblicato nel 2014 da Franco Angeli, nasce a partire dall’attività svolta a Bologna nell’ambito del Tavolo Tematico fareWELfare. Il progetto, sostenuto dalla Fondazione Alma Mater (FAM) di Bologna in collaborazione con l’Università di Bologna, ha l’obiettivo di favorire il dialogo continuativo e sistematico tra i diversi attori pubblici e privati che operano nell’area del welfare e delle politiche sociali sul territorio bolognese ed emiliano-romagnolo, per individuare insieme formule innovative di quello che noi da tempo chiamiamo secondo welfare.

Dopo la sezione introduttiva, che analizza i mutamenti socio-economici in corso nel nostro Paese, il volume si concentra sulla descrizione di alcune tra le pratiche più innovative di protezione e promozione sociale presenti sul territorio bolognese: non solo welfare aziendale ma anche lavoro di rete e allargamento al territorio, proprio nell’ottica di secondo welfare, più volte richiamato all’interno del rapporto.

La critica al secondo welfare

Nonostante i frequenti richiami alla teoria del secondo welfare, gli autori del volume non condividono la necessità della distinzione tra “primo” e “secondo” welfare poiché la formulazione implica – implicitamente o esplicitamente – un primato del welfare state pubblico rispetto alla componente privata, i cui attori appaiono così “come affiancamenti compensativi (cioè, di riserva) o, al massimo, come soggetti da co-involgere nella macchina statale” (p. 49). Le proposte contenute nel volume partono invece dalla constatazione che esista ormai “un mondo sociale non più governato dallo Stato-nazione e, soprattutto, dove cambiano le identità-funzioni di statale-civile/pubblico-privato” che renda ormai superata la distinzione tra pubblico e privato, tra servizi indispensabili e integrativi, tra “nuovi” e “vecchi” rischi sociali. Una distinzione – quella tra lo Stato Sociale o primo welfare, ancora (e auspicabilmente sempre di più) chiamato a garantire i servizi essenziali sulla base della cittadinanza, e il secondo welfare come insieme di pratiche innovative e che nascono dal basso, sui territori e da bisogni specifici, dalla collaborazione dei diversi attori pubblici e privati che operano nel sociale, e proprio per questo da alcuni definito come un “movimento” – cui noi, teorici del secondo welfare, teniamo molto.

Se è certamente vero che l’ingresso di nuovi attori nell’arena del welfare è destinato a cambiare logiche, progettualità ed equilibri di potere, non si può certo “accantonare” il Welfare State pubblico – seppur in sofferenza e “coadiuvato” da un secondo welfare sempre più attivo – dimenticandone il ruolo di primaria importanza per la tutela dei cittadini. “Detto in estrema sintesi – conclude Riccardo Prandini – la narrazione di Primo e Secondo welfare, pare estremamente debole e inadeguata a comprendere questo passaggio d’epoca. La generazione di welfare è oggi operata da una pluralità di attori, relazioni, intrecci, ordini emergenti che praticamente non hanno più a che vedere con la distinzione “primo-secondo”: questo è invece un welfare assolutamente policontestuale: un ordine emergente complesso che genera bene comune del tutto non riconducibile a pubblico/privato” (p. 50). La visione di Prandini, che immagina un welfare senza distinzioni di sorta, è senza dubbio intrigante ma per il gruppo di ricerca di secondo welfare – che, in linea con la formazione politologica, considera importante la dimensione istituzionale – appare dai contorni analitici un poco confusi e dunque difficile da indagare in modo sistematico. Percorsi di secondo welfare nasce proprio con l’intento di riconoscere il ruolo dei diversi attori sociali ed economici, profit e non profit, e di definire quale nuova configurazione – o welfare mix – si stia andando a costituire. Se un approccio sociologico può, dunque, focalizzarsi sulle relazioni che intercorrono tra i numerosi soggetti coinvolti a diverso titolo nella fornitura di beni e servizi di welfare, l’obiettivo dei teorici del secondo welfare consiste invece nel “mettere ordine” in quella che Ferrera definisce “l’arena del welfare” – un tempo occupata quasi esclusivamente dal pubblico e oggi oggetto di crescente interesse da parte delle diverse componenti della società – alla ricerca di validi strumenti interpretativi.

Il ruolo delle imprese nel welfare

L’approccio istituzionalista è invece ripreso e utilizzato da Elena Macchioni che, nel secondo capitolo, analizza sulla base della letteratura esistente la relazione tra ruolo, responsabilità sociale delle imprese e sistemi di welfare nazionali. “Aiutando” la sociologia con contributi di natura organizzativa, Macchioni mostra come il ruolo delle imprese all’interno della società sia strettamente collegato allo “spazio” lasciato dalle istituzioni pubbliche e risulti in molteplici ri-configurazioni delle relazioni tra impresa, politica e società che non riguardano più solo la dimensione d’impresa ma coinvolgono direttamente territori più estesi e comunità locali. L’analisi empirica dei casi di welfare aziendale e territoriale sul territorio bolognese è affidata a Matteo Orlandini, che attraverso la scelta di dieci studi di caso – aziende e cooperative operanti sul territorio bolognese e appartenenti a diversi settori produttivi – individua cinque diversi modelli di welfare aziendale presenti sul territorio bolognese e sette “vettori di azione territoriale”, ossia linee di evoluzione del welfare aziendale verso l’allargamento e la cooperazione con l’ambiente circostante.

La sezione conclusiva del rapporto – a cura di Napolitano e Patuelli – “lascia” l’ambito aziendale per dedicarsi ai temi della povertà e dell’aumento della vulnerabilità tra i cittadini, mostrando la situazione attuale a livello nazionale e provinciale e indicandone cause e caratteristiche. Seleziona inoltre alcune misure di contrasto all’impoverimento – sia di natura preventiva che promozionale e “riparativa” – promosse e implementate sul territorio bolognese da partnership pubblico-private composte principalmente da enti locali e associazioni del terzo settore. Progetti che possiamo definire di secondo welfare: nati sui territori per rispondere ai bisogni della comunità locale; destinati a un target – quello degli adulti che si trovano o rischiano di cadere in una condizione di vulnerabilità economica – “nuovo” per le politiche pubbliche di welfare; caratterizzati da interventi sia di protezione che di promozione sociale; e studiati e finanziati da reti di soggetti di natura diversa. Le autrici offrono preziosi spunti di riflessione rispetto all’emergere della vulnerabilità economica e del fenomeno dei working poor ma anche – in linea con le note criticità del sistema socio-assistenziale italiano (si veda Madama 2010) – al “vuoto normativo” lasciato dal livello nazionale, alla forte frammentazione territoriale dei servizi (in termini di offerta ma anche criteri di accesso), e alla necessità di integrare e coordinare le aree di policy (contrasto alla povertà, politiche attive per il lavoro, housing, sostegno agli oneri di cura).

Conclusioni

Il volume, risultato di una lunga ricerca empirica svolta sul territorio bolognese, presenta casi aziendali – più o meno noti – ma anche iniziative con caratteristiche innovative, nate “dal basso”, allargatesi al territorio e ai suoi abitanti e finalizzate alla tutela di bisogni emergenti.

Accanto a esperienze consolidate – come quelle della rete d’impresa Giunca, di Eudaimon attraverso la costituzione del network IEP, della rete Welfa-RE, del patto per lo sviluppo siglato nel 2011 da Unindustria Treviso e sindacati, e delle Reti Territoriali di Conciliazione lombarde – di cui ci siamo da tempo occupati su questo sito e all’interno del Primo rapporto sul secondo welfare in Italia, trovano posto nella ricerca alcuni capitoli tratti dall’esplorazione di casi, nuovi e interessanti, sviluppati sul territorio bolognese. Una analisi densa di spunti di riflessione, che tenta di “condensare” svariati temi e legare insieme iniziative e aree di intervento molto diverse, “saltando” dalla responsabilità sociale d’impresa alle politiche socio-assistenziali.
 

Riferimenti

Rizza, R., Bonvicini, F. (a cura di) Attori e territori del welfare. Innovazioni nel welfare aziendale e nelle politiche di contrasto all’impoverimento, Franco Angeli, 2014
 

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